Immagina
come mi sono sentita ieri sera, quando sono entrata in pizzeria e vi ho trovati seduti
vicini, mano nella mano. Dovevo essere io quella mano nella mano con te. L'avevo
desiderato tanto, l'avevo immaginato per così tanti giorni e l'avevo sognato
così tante notti che ormai lo davo per scontato.
Immaginavo
quella serata in pizzeria fatta di mani che si cercano sotto il tavolo e di
sguardi complici. Immaginavo di stare seduta in macchina con te mentre mi
riaccompagnavi. Immaginavo le canzoni che avremmo ascoltato. Immaginavo
la mia mano sulla tua mentre guidavi. Immaginavo il bacio della buonanotte che
non ho avuto. Immaginavo. E mi è rimasta solo l'immaginazione.
Ho pianto
così tanto stanotte che stamattina, quando al risveglio avevo ancora voglia di
piangere, ho scoperto di aver finito le lacrime. E non sto scherzando. Le avevo
letteralmente finite.
Ma di
tutto quello che è successo ieri, quello che mi ha fatto più male, quello per
cui mi sarei cavata gli occhi, quello per cui mi sarei fatta volentieri
uccidere lì, seduta stante... È stato il tuo braccio sulle sue spalle.
Quando gliel'hai posato lì, con noncuranza, senza nemmeno gettare un occhio su
di me per vedere come potessi reagire, mi hai fatto capire che ti eri
completamente dimenticato di me. Avevi dimenticato che lì ci fossi anche io.
Avevi dimenticato tutto quello che c'è stato tra noi. Perché se tu non l'avessi
dimenticato avresti immaginato come potevo restarci. Non dico che magari non
gliel'avresti appoggiato solo per evitarmi una morte lunga, sofferente e prolungata,
ma che magari mi avresti guardato. Perché tu non mi hai guardato. Non l'hai
fatto per ripicca. Avrei preferito che fosse un tuo modo per farmi soffrire un
po'. Invece no. Le hai messo il braccio sulle spalle perché ti andava. Questo
mi fa desiderare di essere morta ancor prima di aver messo piede in macchina
per venire fin lì a vedere le vostre scenette.
Sapevo che
ci sarei rimasta un po' male perché vi avrei visti insieme. Invece è stato
molto peggio. E' stato come morire e rinascere mille volte solo per desiderare
di morire di nuovo.
Tu la
guardavi e io ricordavo com'è avere i tuoi occhi fissi nei miei. Tu la toccavi
e io ricordavo com'è il tocco delle tue mani su di me. Tu ti avvicinavi a lei,
lei ti baciava la guancia e io ricordavo com'è la consistenza dei tuoi baci,
com'è il tuo sapore, com'è morbida quella tua fottutissima guancia.
E ora
mentre provo a non pensare, scopro che l'unica immagine che mi salta alla mente
siete voi due, seduti accanto, la sua testa sulla tua spalla.
Non riesco
nemmeno più a mettere a fuoco noi due.
Hai
ragione. Due anni fa è stato il contrario. Ero io quella con “lui”. Ma non
pensavo che ci saresti stato male perché tu ancora non mi avevi confessato di
amarmi e io vivevo nella stupida idea di essere stata solo una delle tante.
Ecco perché magari mi comportai in quel modo. Ecco perché non mi importai di
farti del male, perché tu ne avevi già fatto a me. Ma in quel momento io ti
guardai per vedere come reagivi. Lo stringevo e guardavo te. Lo baciavo e
guardavo te. Lo toccavo e guardavo te. E tu mi guardavi di rimando, gli occhi
di fuoco. Non so se a quel tempo tu ti sia sentito come mi sono sentita io ieri.
Non penso.
Ma la
ruota gira, a quanto pare. E quella distrutta ora sono io.