lunedì 27 luglio 2015

L'altra

Immagina come mi sono sentita ieri sera, quando sono entrata in pizzeria e vi ho trovati seduti vicini, mano nella mano. Dovevo essere io quella mano nella mano con te. L'avevo desiderato tanto, l'avevo immaginato per così tanti giorni e l'avevo sognato così tante notti che ormai lo davo per scontato.
Immaginavo quella serata in pizzeria fatta di mani che si cercano sotto il tavolo e di sguardi complici. Immaginavo di stare seduta in macchina con te mentre mi riaccompagnavi. Immaginavo le canzoni che avremmo ascoltato.  Immaginavo la mia mano sulla tua mentre guidavi. Immaginavo il bacio della buonanotte che non ho avuto. Immaginavo. E mi è rimasta solo l'immaginazione.
Ho pianto così tanto stanotte che stamattina, quando al risveglio avevo ancora voglia di piangere, ho scoperto di aver finito le lacrime. E non sto scherzando. Le avevo letteralmente finite.
Ma di tutto quello che è successo ieri, quello che mi ha fatto più male, quello per cui mi sarei cavata gli occhi, quello per cui mi sarei fatta volentieri uccidere lì, seduta stante... È stato il tuo braccio sulle sue spalle. Quando gliel'hai posato lì, con noncuranza, senza nemmeno gettare un occhio su di me per vedere come potessi reagire, mi hai fatto capire che ti eri completamente dimenticato di me. Avevi dimenticato che lì ci fossi anche io. Avevi dimenticato tutto quello che c'è stato tra noi. Perché se tu non l'avessi dimenticato avresti immaginato come potevo restarci. Non dico che magari non gliel'avresti appoggiato solo per evitarmi una morte lunga, sofferente e prolungata, ma che magari mi avresti guardato. Perché tu non mi hai guardato. Non l'hai fatto per ripicca. Avrei preferito che fosse un tuo modo per farmi soffrire un po'. Invece no. Le hai messo il braccio sulle spalle perché ti andava. Questo mi fa desiderare di essere morta ancor prima di aver messo piede in macchina per venire fin lì a vedere le vostre scenette.
Sapevo che ci sarei rimasta un po' male perché vi avrei visti insieme. Invece è stato molto peggio. E' stato come morire e rinascere mille volte solo per desiderare di morire di nuovo.
Tu la guardavi e io ricordavo com'è avere i tuoi occhi fissi nei miei. Tu la toccavi e io ricordavo com'è il tocco delle tue mani su di me. Tu ti avvicinavi a lei, lei ti baciava la guancia e io ricordavo com'è la consistenza dei tuoi baci, com'è il tuo sapore, com'è morbida quella tua fottutissima guancia.
E ora mentre provo a non pensare, scopro che l'unica immagine che mi salta alla mente siete voi due, seduti accanto, la sua testa sulla tua spalla.
Non riesco nemmeno più a mettere a fuoco noi due.
Hai ragione. Due anni fa è stato il contrario. Ero io quella con “lui”. Ma non pensavo che ci saresti stato male perché tu ancora non mi avevi confessato di amarmi e io vivevo nella stupida idea di essere stata solo una delle tante. Ecco perché magari mi comportai in quel modo. Ecco perché non mi importai di farti del male, perché tu ne avevi già fatto a me. Ma in quel momento io ti guardai per vedere come reagivi. Lo stringevo e guardavo te. Lo baciavo e guardavo te. Lo toccavo e guardavo te. E tu mi guardavi di rimando, gli occhi di fuoco. Non so se a quel tempo tu ti sia sentito come mi sono sentita io ieri. Non penso.

Ma la ruota gira, a quanto pare. E quella distrutta ora sono io.

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